Gli aumenti considerevoli del costo di gas e petrolio, a cui si aggiungono l’inoperatività dei porti ucraini sotto assedio ed il blocco delle acque del Mar Nero, hanno pesanti ripercussioni sul traporto navale.
L’immediata conseguenza è che anche il trasporto di merci via nave subirà pesanti rincari per via delle rotte più lunghe necessarie ad aggirare i blocchi e al costo dei carburanti schizzato alle stelle.
Il rincaro dei prezzi dei carburanti per navi hanno conseguenze a catena sul costo dei trasporti e sullo shipping.
Il prezzo del ‘bunker’, ossia del carburante per navi, è aumentato di 130 dollari per tonnellata, dato fermo alla prima settimana di conflitto, aggravando un trend che era già iniziato in precedenza: già a fine 2021 il carburante navale sfiorava record negativi.
Se gli aumenti vengono trasferiti sulle spalle degli spedizionieri, il maggior costo si scarica sui beni, fino a ricadere sul mercato dei consumatori.
Le conseguenze di questi aumenti vanno anche a svantaggio dell’ambiente: il combustibile più ecologico è anche il più caro, dunque si innesca una sorta di disincentivo all’utilizzo di olii combustibili meno inquinanti, a favore dei bunker altamente solforosi utilizzati da tutte le navi dotate di depuratori a bordo. Il vettore che brucia olio solforoso potendolo depurare a bordo si potrà dunque avvicinare al pareggio, mentre chi si alimenta con bunker ecologico andrà in perdita.
Anche i tempi di viaggio delle merci risentono del conflitto, registrando aumenti delle tempistiche tra il +25% ed il +43%.