I settori più energivori (acciaio, carta, ceramica) sono a rischio di chiusura generalizzata. In seria difficoltà sono anche le attività sui cui pesa il rincaro generale delle materie prime: dai bar alla distribuzione alimentare, ai distributori di metano fino all’industria dell’acciaio, della carta e della ceramica.
Il settore delle cartiere, coincidente spesso con quello del packaging e fondamentale per moltissime altre produzioni e attività, rischia il collasso a causa del caro-bolletta.
Un altro dei tanti altri esempi è quello delle ceramiche, che rappresentano un settore di eccellenza tra le produzioni italiane. Anche in questo caso i rincari pesano sulle industrie con extra costi insostenibili: il prezzo del gas, passato dai 27 centesimi a metro cubo ai 2,40 euro/mc, non rende pensabile proseguire con profitto le attività, con un rischio elevato di chiusure.
Tra i settori più esposti troviamo anche quello dei trasporti, che oltre al caro carburanti (+30-35% da inizio pandemia ad oggi) si trova a dover fermare i mezzi a gas metano per i rincari della materia prima.
Complessivamente, la spesa in energia per i comparti del terziario nel 2022 ammonterà a 33 miliardi di euro, il triplo rispetto al 2021.